Le maschere del nō hanno dunque la caratteristica di poter mutare espressione a comando. In questo senso corrispondono perfettamente alla funzione stessa del nō e dell’arte del periodo in cui raggiunsero la loro massima perfezione stilistica. Loro funzione è infatti quella di far affiorare passioni, brame, tensioni, attaccamenti che si celano nella psiche. Tale scopo non viene raggiunto mettendo lo spettatore di fronte a una maschera che esprima in modo definitivo lo stato d’animo da rappresentare, ma in modo da farlo progressivamente affiorare sul volto con un processo del tutto analogo a quello della vita consueta.
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Ottenere risultati di questo tipo da maschere che non posseggono parti mobili e sono realizzate con una semplificazione estrema dei tratti somatici, sembrerebbe impossibile se le nōmen non fossero presenti a testimoniare la perfezione raggiunta in questo campo dalla cultura dei sentimenti, come si potrebbe anche definire il Giappone. Ed è l’essenzialità figurativa di queste sculture a permetterne l’espressività. La mobilità psichica della maschera nō è ottenuta da una sapiente sintesi di analisi psicologica e arte plastica e l’intagliatore deve essere un conoscitore della psiche umana e in grado di rivelarne i moti con la propria arte.
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L’abilità che l’attore deve raggiungere nell’arte dell’evocazione dei sentimenti attraverso una maschera ha del portentoso. Infatti, giocando sugli effetti di rifrazione della luce sulla maschera che indossa, saprà farle assumere stati diversi, facendo sembrare che essa pianga, rida, gioisca a seconda dell’inclinazione che le farà prendere in rapporto alla fonte di illuminazione e quindi al gioco degli angoli di rifrazione che saprà ottenere.[…]
tratto da Stile Giappone di Gian Carlo Calza
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la maschera che svela
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Dossier Teatro Giapponese
Hystrio – trimestrale di teatro
numero di gennaio-marzo 2012
(15,00 euro)
http://www.hystrio.it/numero/home.php
È uscito il numero di gennaio-marzo 2012. Il teatro in Giappone oggi è l’argomento del nuovo dossier, consueto cardine della rivista.
Il teatro in Giappone oggi
In continua dialettica fra tradizione e innovazione, apertura all’Occidente e conservazione, il teatro nipponico del terzo millennio mantiene salda la sua identità nazionale. Generi storici, come nō, kabuki, bunraku e kyōgen, sono diventati oggetto di sperimentazioni che creano ponti tra passato, presente e futuro. E poi c’è la scena contemporanea, che parte dal butō per arrivare ad artisti ormai internazionali come Suzuki, Teshigawara e Hirata, e a un teatro di ricerca capace di contaminarsi con tecnologia e multimedialità. (a cura di Giovanni Azzaroni e Matteo Casari, con interventi di Giorgio Amitrano, Gunji Yasunori, Mao Wada, Bonaventura Ruperti, Takada Kazufumi, Maria Pia D’Orazi, Elena Cervellati, Cinzia Coden, Gala Follaco, Camilla Gennari Feslikenian, Enrico Pitozzi, Katja Centonze, Cinzia Toscano, Matilde Mastrangelo, Doi Hideyuki, Giuseppe Liotta)
DOSSIER:
Identità e cultura al primo posto: la politica del nuovo Giappone
di Gunji Yasunori
dal mito delle origini alle visioni del futuro
Gli engekijin di Suzuki Tadashi: diario di un’esperienza
Dal teatro colloquiale agli androidi gentili la scena sperimentale di Hirata Oriza
di Cinzia Toscano
La voce come teatro: l’arte della narrazione giapponese
di Matilde Mastrangelo
Pasolini in Giappone, miti antichi per parabole contemporanee
di Doi Hideyuki
di Giuseppe Liotta